Ponte sullo Stretto, un fan di Messina scrive a Renato Zero: “quindi anche tu per Fonopoli “ciucciavi” soldi? Stavolta ti sbagli di grosso”

Ponte sullo Stretto, dopo l'infelice dichiarazione di Renato Zero dal palco di Messina un fan messinese risponde all'artista con una lettera molto profonda. Il testo integrale

Perché Renato Zero è contro il Ponte sullo Stretto di Messina? Me lo sono chiesto perché sono stato un “sorcino” anch’io, quando probabilmente il 50% dei partecipanti all’ultimo concerto non era ancora nato. Ho 61 anni (1963) e l’ho scoperto grazie a mio cugino, quasi coetaneo, alla fine degli anni ’70, quando avevo 14 anni. Renato aveva già inciso (1973) la canzone “No Mamma No” e, grazie alla canzone “Mi Vendo” (1977), ho iniziato ad apprezzare la sua musica“. Lo scrive in una lettera aperta inviata allo stesso Renato Zero, Giovanni Calabrò, cittadino messinese, da sempre sostenitore del Ponte sullo Stretto e gestore della pagina Ponte sullo Stretto di Messina.

“Mi Vendo” è decisamente una canzone ambigua, che intreccia tematiche come omosessualità e sesso. I meno attenti non si accorsero che la canzone si ispirava principalmente all’uso della droga e ai rischi connessi, associando invece il “Mi Vendo” all’omosessualità. Non nascondo che, da eterosessuale e, a quei tempi, data la mia giovane età, facevo fatica ad ammettere che le canzoni di Renato mi piacessero, soprattutto perché in tanti le identificavano come “musica da omosessuali” e tentavo inutilmente di spiegare che si sbagliavano. Successivamente, nel 1980, incise “Non sparare”, canzone dedicata al rispetto dell’ambiente, e “Lungara”, brano dedicato ai carcerati. A questo punto, da ex “sorcino” sfegatato, mi sono chiesto: perché Renato Zero non si è mai espresso contro il Ponte e ora lo cita addirittura in un suo concerto? Cosa può spingere un ambientalista (canzone “Non sparare”) come lui a preferire i traghetti a un Ponte, opponendosi a un’opera che ci renderebbe liberi (“Lungara”) dalle difficoltà che un isolano affronta ogni giorno?

Perché – prosegue Giovanni Calabrò – usa il termine “ciucciare soldi” quando, a ben vedere, anche lui, indirettamente, me li aveva chiesti per un progetto mai realizzato? Sono tornato indietro nel tempo e ho scoperto quanto segue: Renato Zero ha vissuto un rapporto complicato e deludente con la politica e le istituzioni italiane, specialmente riguardo al progetto di Fonopoli, una cittadella delle arti concepita per promuovere la cultura e aiutare i giovani talenti. Il sostegno iniziale del Comune di Roma per Fonopoli risale al 2005, durante il mandato del sindaco Walter Veltroni, esponente del centrosinistra e membro del Partito Democratico (PD). In quell’anno, Veltroni manifestò l’intenzione di sostenere il progetto, rendendo il Comune di Roma proprietario di Fonopoli, mentre Zero ne avrebbe mantenuto la gestione. Nonostante questo sostegno e l’accordo con l’imprenditore Caltagirone, l’avvento della giunta di destra guidata dal sindaco Gianni Alemanno, appartenente al Popolo della Libertà (PdL), ha segnato un punto di svolta negativo per il progetto. A causa di un piano di risanamento finanziario imposto dal nuovo governo comunale, l’amministrazione di Alemanno ritirò il proprio supporto, bloccando definitivamente l’iniziativa. In parallelo, Renato Zero, determinato a realizzare Fonopoli, lanciò un’iniziativa innovativa per l’epoca: una campagna di crowdfunding ante-litteram. Chiese aiuto ai suoi fan, puntando a raccogliere 3 miliardi di lire. Per incentivare il sostegno, mise in vendita il mini album “Passaporto per Fonopoli”, che includeva una tessera d’iscrizione alla “città della musica”, diventata poi un oggetto di culto tra i fan. Con concerti e altre iniziative, Zero riuscì a raccogliere già nel 1995 circa un miliardo e mezzo di lire, dichiarando che Fonopoli non sarebbe stato solo un auditorium, ma anche un luogo di incontro per musicisti (Non ho mai pensato che volesse “ciucciare” soldi a nessuno, ma piuttosto creare un progetto per tutti, proprio come il Ponte!). Questa esperienza ha lasciato Zero profondamente deluso e critico verso una classe politica che, secondo lui, è inaffidabile e incapace di mantenere promesse per il bene comune (“Il Ponte sullo Stretto di Messina è decisamente un bene comune e non dovrebbe avere colore politico, anche se molti, sbagliando, lo associano a un colore”).

Nel tempo, Zero ha espresso il desiderio di realizzare Fonopoli a prescindere dal sostegno politico, dichiarando che “i politici devono rispondere della mancanza di certezze verso le nuove generazioni”. “Peculiarità delle isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità. Articolo 119 della Costituzione”. Questo è scritto nella costituzione, non lo dico io! In seguito, ha cercato altre alleanze, come quella con il sindaco Virginia Raggi del Movimento Cinque Stelle, che ha mostrato interesse a supportare Fonopoli, ma le difficoltà e le delusioni accumulate hanno acuito la sua sfiducia verso la destra, che ha bloccato il progetto per priorità economiche, senza considerare il valore culturale dell’iniziativa“.

Renato Zero – conclude la sua lettera Giovanni Calabrò – se pensi che opponendoti al Ponte sfogherai la tua “rabbia” verso un colore politico, ti stai sbagliando! Poter attraversare 3 km di mare in 4 minuti, 24 ore su 24, è il sogno di tutti, persino dei “No Ponte”, che lo utilizzeranno comunque. Anche per me, da ragazzo, Fonopoli è stato un sogno, e oggi, da adulto, potrei dire che quei soldi sarebbero stati sprecati e che magari avremmo potuto comprare altri tre aliscafi per ridurre i tempi di attesa per attraversare lo Stretto di Messina. Ma non lo scrivo, lo penso. Sai perché? Perché Fonopoli sarebbe stato costruito a Roma. Come sempre! Dal centro in su!”.
Fonte: Strettoweb

Share this Post

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*