Pietro Massimo Busetta – Il Ponte sullo stretto costa 14 miliardi, senza la Sicilia ne perde 6,5 l’anno: in 3 anni si ripaga
I costi del Ponte sullo Stretto di Messina parlano chiaro: rispetto a quanto si perde l’anno senza ponte in 3 anni la struttura si ripaga.
La fiducia posta alla Camera dei deputati per evitare incidenti di percorso. Con 206 voti a favore, 124 contrari e 5 astensioni la Camera ha approvato la fiducia posta dal Governo sul decreto legge con misure urgenti per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Ma è una dimostrazione lampante del fatto che si vuole fare sul serio.
Quindi si riparte con tutti i problemi conseguenti al ritardo di oltre 10 anni per una decisione improvvida, nella quale ha dimostrato tutta la sua arroganza un Mario Monti che, dimostrandosi più realista del re, ha cancellato senza alcun dubbio un’opera pubblica che per la sua dimensione e per quello che rappresentava doveva essere trattata con tanta maggiore cautela.
E con quella decisione ha cancellato una prospettiva Euro-Mediterranea del nostro Paese, una proiezione verso l’Africa e il Medio Oriente di tutta l’Europa, ha messo in discussione una visione del mondo e facendo il calcolo della massaia che risparmia per la sopravvivenza, non mandando a scuola i propri figli per non comprare i libri, non rendendosi conto che sta distruggendo il loro futuro, ha risparmiato su un’idea di futuro.
Facendo perdere all’Italia quella credibilità guadagnata negli anni sui mercati internazionali da Paese affidabile, con la messa in discussione di un contratto regolarmente concluso, dopo l’aggiudicazione, conseguente ad un bando regolarmente svolto, facendolo precipitare nella credibilità tra i Paesi inaffidabili del terzo mondo, con i quali è meglio evitare di avere rapporti. Il fatto poi che si potesse aprire un contenzioso, pericolosissimo, per il quale lo Stato poteva essere costretto a pagare una penale milionaria, era un aspetto altrettanto importante, ma irrilevante per chi sapeva che in ogni caso non ne avrebbe risposto personalmente.
Il responso negativo delle urne alla candidatura politica successiva fu la risposta inequivoca del mancato apprezzamento di tutta la gestione, che Giorgio Napolitano aveva immaginato senza la coda dell’impegno diretto che invece non aveva molto gradito. La lievitazione del costo dell’opera, dovuta all’incremento del prezzo dei materiali necessari alla realizzazione é la ciliegina sulla torta di un’operazione totalmente sbagliata che il Paese paga per due ragioni: l’una riguardante il quasi raddoppio del costo del manufatto.
L’altra riguarda i 10 anni di ritardo che, se la valutazione di Prometeia, società di ricerca apprezzata in Italia e nel mondo, dovesse essere vera e la reputazione della società coinvolta non può alimentare dubbi su tale convinzione, ha fatto perdere i 65 miliardi pagati dall’economia siciliana, e quindi dal Paese, per i maggiori oneri ricaduti sull’economia siciliana per la mancanza del collegamento stabile. Pertanto nel calcolo costi benefici i 14 miliardi di investimento si ripagherebbero, cosa incredibile per una opera infrastrutturale, in pochi anni.
Nei costi evidenziati sono compresi solo quelli sostenuti, mentre non vengono compresi i mancati ricavi, e la conseguenza crescita di Pil, dovuti ad una realtà che essendo collegata poteva consentire nuove imprese oltre che attrarre investimenti dall’esterno dell’area. Situazione che avrebbe riguardato anche lo stivale, considerato che il collegamento stabile avrebbe trascinato, come già sta avvenendo, una serie di investimenti infrastrutturali governativi, che sarebbero stati indispensabili per rendere utile una tale importante opera e che in mancanza di essi, come si sta dimostrando adesso, con gli investimenti miliardari che stanno riguardando Calabria e Sicilia, sarebbe stata ingiustificata.
Con la conseguenza di far decollare un territorio racchiuso in una lampada ma con grandi potenzialità, come Gioia Tauro insegna. Nel calcolo che si è fatto non si è compreso l’effetto importante che una tale opera nella fase della realizzazione, ma anche in quella della costruzione, avrebbe avuto sul turismo dell’area. Né si è calcolato l’effetto che una tale opera avrebbe potuto avere sul potenziamento del porto di Augusta con conseguente aumento del traffico merci, con l’attrazione di una parte del grande traffico delle maxi porta container, che oggi con un enorme inquinamento arrivano fino a Rotterdam, dove si attivano un numero enorme di posti di lavoro, dovuti anche alla lavorazione dei semilavorati, che arrivano per gli ovvi motivi dovuti all’esigenza di trasportare le merci smontate, e che hanno la loro fase finale di lavorazione nei retro-porti di arrivo.
Purtroppo l’operazione di blocco di Mario Monti, conseguente all’esigenza di accontentare una parte politica ancora adesso contraria, e a bloccare un’opera proprio perché voluta da Berlusconi, dimenticando l’interesse del Paese, ha prodotto un danno enorme del quale nessuno risponderà. Adesso bisognerà fare in modo che una volta partiti si attuino delle contromisure per evitare che eventuali cambi di Governo, possibili nei molti anni in cui è prevista la realizzazione, possano riproporre un gioco dell’oca, per cui si ritorni alla prima casella, dannoso per il Paese che paga il prezzo di una lotta politica inaccettabile.
L’ampio consenso avuto dal Decreto legge ponte, per il quale ha votato anche Italia viva e Azione e che lascia fuori soltanto i Verdi, il Movimento 5 Stelle e il PD, non unanime, visto che molti protagonisti di tale partito, come Dario Franceschini si erano dichiarati favorevoli,
ci fa ben sperare che la politica abbia imparato la lezione e che questa volta sarà quella buona per un’opera che, al di là dei suoi enormi vantaggi economici, rappresenta la volontà di un Paese di stare al passo con i tempi, con il suo ruolo di punta avanzata nella ricerca e nella scienza.
Il dibattito svoltosi martedì alla Camera, nel quale ancora gli oppositori discutono della fattibilità tecnica, quando gruppi di ricercatori apprezzati nel mondo, aziende partecipanti al consorzio che si è aggiudicato l’opera, affermano che tutte le analisi e le prove risultano positive per la realizzazione, sanno tanto dei discorsi da caffè dello sport dove ciascuno si improvvisa coach della nazionale.
Chiudiamo finalmente una pagina triste di un Paese rannicchiato nella sua incapacità di fare, per aprirne una in cui ci si pone all’avanguardia, come un passato prestigioso ci obbliga ad essere. Evitando finalmente che un’opera di ingegneria di altissimo livello, orgoglio della progettazione anche italiana, che ha dato nel mondo il nome ad una tipologia di ponti chiamata Messina bridge, possa essere elemento divisivo o avere il marchio di qualcuno e non caratterizzare l’orgoglio nazionale che richiede di poter essere ancora protagonista della ricerca scientifica nel mondo.
Fonte: Il Quotidiano del Sud